Saggio di accompagnamento al corto di riuso – video essay Sul come stare al mondo (2022) di Giada Ciliberto presentato al Festivalaccio presso la sede del Collettivo cinema indipendente Chuormo.
Sul come stare al mondo (2022) si apre con il desiderio di analizzare la condizione esistenziale della figura maschile di Gaspard in Conte d’été (1996), il terzo episodio del ciclo Les contes des quatre saisons di Éric Rohmer.
Ripercorrendo l’opera del regista, non dimenticando di tenere in considerazione il suo essere stato tra i primi critici della Nouvelle Vague – grazie, ad esempio, al suo contributo per Les Cahiers du cinéma – nonché difensore, in prima persona, di una realtà cinematografica del tutto indipendente, sostenuta, ad esempio, dalla macchina in presa diretta e dall’incredibile naturalezza delle sue pellicole, si prova a dare corpo alla riflessione esistenziale iniziando da alcune notazioni autobiografiche[1].
Il film scelto per l’analisi, realizzata attraverso il videosaggio in questione, si presume che sia uno dei lavori di Éric Rohmer più vicini a quelle che sono state le sue avventure personali. Una sorta, quindi, di eco autobiografica dell’autore.
L’analisi filmica (o del testo) ha avuto lo scopo di approfondire la figura dell’Uomo nel cinema di Rohmer, il suo stato di contemplazione e stallo metafisico, tentando di porre una lente d’ingrandimento sul personaggio di Gaspard e di seguire, al contempo, il tema della ricerca, trattato dapprima dallo stesso regista ne Le Rayon Vert (1986) e poi, ancora, chissà se con maggiore intensità, nel suo ultimo film Les amours d’Astrée et de Céladon (2007).
Le strategie formali
Con l’utilizzo della voice over, in Sul come stare al mondo (2022) si dà vita a una riflessione personale, mantenendo un tono intimo ed evocativo e rallentando al contempo le immagini appartenenti a una sola sequenza del film di Rohmer per favorirne la visione, per lasciare che lo spettatore possa concentrarsi sul suo orecchio, lasciando riposare l’occhio, un po’ – quindi – come consigliava Bresson.
Con l’uso (alternativo) dello split screen si è favorito, invece, il dialogo tra le immagini, una sovrapposizione piuttosto che – ad esempio – il loro confronto o il loro parallelismo sul piano della temporalità. Una scelta che potesse agire in virtù del precedente innesto di una funzione analitico-scompositiva dell’identità del personaggio di Gaspard, restando di natura meta-letterale e svolgendosi tentando di mantenere sempre vivo un registro poetico-evocativo.
I riquadri appaiono sovrapposti, il volto di Gaspard è da un lato invisibile, come ciò a cui egli stesso allude in alcuni dei suoi dialoghi, ad esempio con Margot. L’intenzione sarebbe quella di lasciare la “parola” allo spettatore, permettendogli così di “navigare” nella sua fantasia attraverso i gesti e le contraddizioni del personaggio.
Potrebbe quindi palesarsi nella mente dello spettatore, in particolare modo nel finale, un alone di mistero. Data la progressiva scomparsa dell’immagine di Gaspard nel riquadro filmico e l’ipotetico accesso alla soglia che permette l’uscita dal mondo straordinario e – al contempo – il suo prolungamento. In realtà l’intento è quello di evidenziare, in maniera forse ancor più netta, la vaghezza e il mancato obiettivo della sua ricerca interiore, come fosse un invito ad “accettare” tale dubbio.
Lo smontaggio e il rimontaggio di alcune sequenze del film di Rohmer ha poi lasciato spazio anche alla scomposizione, seppur in minima parte, delle figure femminili che sfiorano Gaspard durante il viaggio, e ciò accade, in particolare, a quelle di Margot e Solène
La struttura del film è circolare e tale caratteristica è evidenziata dall’utilizzo del medesimo suono all’inizio e alla fine del cortometraggio.
La scelta di aver scomposto la narrazione filmica in soli due capitoli non è casuale. È, innanzitutto, una metafora del dubbio alimentato dal desiderio dell’autrice di voler lasciare il terzo capitolo nelle mani dello spettatore. Questa scelta Rappresenta anche una volontaria allusione alla scissione del personaggio, espressa qui dalla duplice interpretazione della consapevolezza di Gaspard sul suo viaggio (cap. I: In viaggio con Gaspard) , quanto dal contenuto dei dialoghi proposti dall’evocazione dello specchio e dalla divisione dello schermo (cap. II: Allo specchio con Gaspard).
Tale questione, al di là del precedente rimando puramente metaforico, non suggerisce un finale aperto o irrisolto, pur nell’assenza di un capitolo conclusivo, ma piuttosto il desiderio di invitare nella riflessione lo spettatore lasciando che possa formulare una sua opinione e creare lui stesso un ultimo capitolo. Dal momento che il capitolo III, pur essendo escluso dall’elaborato, potrebbe rappresentare quello che potrebbe definirsi il vero significato della non-choix di Gaspard. Non è dunque da leggere come una mancanza, ma come un invito.
L’esergo: presente sia nel cap. I, con la poesia di A. Rimbaud – citata anche ne Il raggio verde (1986) – che nel cap. II, lì firmato da R. Linklater[2] durante il suo onirico viaggio in Waking Life, sono stati entrambi inseriti come fonte d’ispirazione per il “luogo finale della ricerca” di Gaspard. Entrambi sono lì come per dare un ulteriore spazio al beneficio del dubbio nello spettatore. Rappresentano quindi l’inizio del “dopo”. Lo stesso finale, brusco e improvviso, sarà – per spettatore – come risvegliarsi da un sogno.
Conclusioni e ulteriori inviti
Infine sull’utilizzo della frammentazione stilistico-formale delle immagini, indetta per analizzare/ presentare il personaggio di Gaspard, e qui utilizzata istintivamente, quanto meticolosamente, sulla base del percorso di analisi immaginato, si pensa che quest’ultimo potrebbe essere riutilizzato nella contemporaneità, ad esempio: nell’incipit di un film, per alludere – ad esempio – alla rivelazione dei tratti peculiari di un qualche personaggio.
Note
[1]Barnier M., Beylot P., Analyse d’une oeuvre : conte d’été, Éric Rohmer 1996, Vrin, Paris 2011, p.16
[2] Tra l’altro, al di là di quelle che potremmo definire delle emotive associazioni puramente personali, il regista statunitense pare si sia da tempo – e spesso – dimostrato un grande ammiratore dell’opera di Rohmer. Con un occhio di riguardo, in particolare, alla rivelazione spirituale per lui sottesa nelle sue opere cinematografiche, immerse, secondo Linklater, nella semplice e assieme complessa realtà evocata dai suoi dialoghi quanto nella sua manifesta contaminazione dei suoi film con ricercate opere letterarie.
Bibliografia
Barnier M., Beylot P., Analyse d’une oeuvre: conte d’été, Éric Rohmer 1996, Vrin, Paris 2011
Bresson R., Note sul cinematografo, Vicenza, Biblioteca Marsilio, 2012
Vergerio F., Zappoli G., Éric Rohmer. La Parola Vista, Moretti & Vitali 1997
Filmografia
Conte d’été (É. Rohmer; 1996)
Le rayon vert (É. Rohmer; 1986)
Rohmer in Paris (R. Misek; 2013)
Waking Life (R. Linklater; 2001)
Sitografia
Richard Linklater Presents: Summer (Le Rayon Vert), Austin Film Society 2015 – Link : https://www.youtube.com/watch?v=nTfV3tA054s
Sul come stare al mondo (2022) qui: Accesso alla visione del video essay su Vimeo e a seguire Reportage dell’evento organizzato da Chuormo e dedicato alle proiezioni della prima giornata di Festivalaccio – dicembre 2024 / Festival itinerante nel Rione Testaccio:
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