Emilia Pérez (2024) Festa del Cinema di Roma

Emilia Pérez (2024)

Avatar Giada Ciliberto

Se doveste scegliere il titolo di una canzone che parla di amore per se stessə, quale scegliereste? Ad Emilia Pérez, ad esempio, potrebbe piacere questo brano:

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La musica, in Emilia Pérez (2024), coinvolge i personaggi ed è loro linfa nell’agire.
In particolare, sembra voler enfatizzare: i dialoghi tra i personaggi. Oppure i monologhi (espliciti o impliciti), e dunque: la loro interiorità

All’interno di un vortice di criminalità in dissolvenza – mentre c’è chi sembra ancora domandarsi che ruolo abbia la scrittura nella società o di indagare cosa possa esserci nella zona di confine tra giustizia e ingiustizia – c’è anche chi arriva a dimenticare le proprie intenzioni quando decide di compiere una scelta e intraprendere un cammino senza ritorno.

Con un Set Up in Città del Messico, che allude esponenzialmente all’impotenza, ma anche alla consecutiva combattività, che può innescarsi – di risposta – quando un’avvocata comprende che le azioni dell’informazione, della stampa, del suo capo, dei suoi clienti e la conclusione delle sentenze sembrano davvero tutte esauristi in ogni modo possibile, tranne che come dovrebbero.

Emilia Pérez (2024) – in un interessante contrasto tra cupezza, colori accesi e vellutati – pone in rilievo, sin dall’inizio, il sentire di un’avvocata, Rita, attraverso un originario tessuto dell’opera lirica (composto da cori, arie, balletti e recitativi) che, però, pian piano si schiude al pubblico nella sua indefinibilità.

Rita, a un passo che la separa dall’ignoto, da un incontro che la separerà dalla sua vita di tutti i giorni, sembra essere guidata sin dall’inizio da un elettrico presentimento.

Quasi un monito che sembrerà accompagnarla, poi, talvolta, o più o meno palesemente, per tutto il tempo del film.

❝Si me caigo en la barranca, es mi barranca

Si me doblo de dolor, es mi dolor

Si me mando al séptimo cielo, es mi cielo

Si me equivoco de camino, igual❞

Mi Camino – Selena Gomez 

Una delle cose che sembra poter più colpire lo spettatore – del film di Jacques Audiard – è che quest’ultimo, pur avvertendo costantemente una sensazione di affaccio sul futuro, e di immediatezza – grazie, ad esempio, alla possibilità di immergersi in un musical estremamente contemporaneo e che rapisce senza fatica – riesca ugualmente a trasmettere ad esso un’impossibilità latente.

Ossia quella di poter immaginare, anche soltanto per un instante, come andrà a finire la scena successiva.

(Un’altra curiosità, infine, potrebbe forse fungere da dettagliato invito a non perdere quest’ultimo lavoro di Audiard – quando arriverà in sala.)

Il film, nel frattempo, fa anche luce, e agisce, su tre importanti riflessioni parallele e che sembrano coinvolgere, nello stesso momento e ciascuna in modo diverso, il trio di protagonista.

Una sola scelta può cambiare davvero tutta la nostra vita? Oppure è solo un’illusione?

Cosa c’è, o può esserci qualcosa, nel mezzo che possa fare la differenza?

Cosa c’è, o può esserci qualcosa, nel mezzo che possa fare la differenza?

❝Quiero, quiero,

Quiero quererme a mí misma

Querer, sí, mi vida

Querer, sí, lo que siento

Quiero quererme a mí misma❞

Mi Camino – Selena Gomez


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